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Il Milton Model è una delle tecniche di PNL più utili e affascinanti.

Si tratta di un modello ricavato da Richard Bandler e John Grinder, dallo studio della comunicazione di Milton Erickson, padre dell’ipnosi conversazionale e terapeuta davvero straordinario nell’uso del linguaggio.

I due co-ideatori della PNL, passarono migliaia di ore ad osservare Erickson a lavoro, modellando le strutture linguistiche che metteva in pratica.

Alla fine codificarono l’ipnosi e la inserirono all’interno di un processo conversazionale, attraverso cui è possibile ipnotizzare anche durante una normale conversazione.

Ma che cos’è il Milton Model e come funziona di preciso?

Prima di scoprirlo, leggi questa incredibile storia.

 

La storia di Milton Erickson

C’era una volta un piccolo villaggio di minatori, sprofondato nell’arida e ostile distesa desertica del Nevada. Qui viveva una famiglia molto umile composta da mamma Clara e papà Albert, e da ben undici figli.

Il secondo degli undici figli era nato dislessico, daltonico, mezzo sordo e con una lista veramente lunga di allergie invalidanti.

In pratica, era incapace di riconoscere e quindi riprodurre i ritmi tipici della musica e delle canzoni, in grado di distinguere chiaramente solo il colore viola, e con tanti problemi che sembravano averlo condannato alla nascita a una vita impossibile e crudele.

Come se non bastasse, a diciassette anni venne colpito da una grave forma di poliomelite, che lo lasciò paralizzato a letto.

Il primo incontro ravvicinato con la morte non abbatté il ragazzo che anzi visse il risveglio dal coma come la prima grande occasione di rinascita della vita. Le difficoltà che la vita gli mise di volta in volta davanti, diventarono nuove opportunità per stimolare la sua già spiccata curiosità e creatività.

Costretto a letto, iniziò a fare giochi con la mente, e si divertiva a riconoscere il suono dei passi delle persone che entravano in casa, al punto che capiva persino di che umore era la persona in questione semplicemente dal modo in cui le sue scarpe risuonavano sul pavimento.

Un bel giorno capitò che mamma Clara, papà Albert e i dieci fratelli si dimenticarono di averlo lasciato a casa da solo, inchiodato all’amata e odiata sedia a dondolo. Il ragazzo si trovò al centro della stanza e guardò fuori dalla finestra, desiderando ardentemente di potersi avvicinare almeno per godersi lo spettacolo di quella natura che la malattia gli aveva negato.

Finché non accade una cosa davvero singolare: la sedia iniziò a dondolare leggermente. In altre parole, il fatto di desiderare così intensamente di potersi avvicinare alla finestra, aveva avuto una risposta fisica reale, con un movimento involontario del corpo che aveva effettivamente mosso la sedia.

Questa straordinaria scoperta riaccese in lui l’indomito spirito di avventura e la smisurata forza di volontà, al punto che nei giorni successivi il ragazzo si guardò per ore la mano, cercando di ricordare la sensazione dei movimenti che avevano potuto compiere prima che la poliomielite lo colpisse. E successe che ancora una volta le dita effettivamente cominciarono a muoversi, prima a scatti scoordinati e poi con movimenti sempre più ampi e coscienti.

Nello stesso periodo, la sorella del ragazzo, che ha aveva appena un anno, stava imparando a camminare. Lui la osservava e con la smisurata forza del pensiero costrinse il suo corpo a replicare gli stessi movimenti, finché un bel giorno si accorse di potersi mettere in piedi e camminare da solo, semplicemente aiutandosi con delle stampelle.

La rinascita era a quel punto inarrestabile: su consiglio del medico curante, iniziò a praticare il canottaggio per irrobustire il fisico, tanto che un giorno si lanciò nella folle avventura di percorrere da solo 1200 miglia sul Mississippi, dimostrando un’intelligenza creativa e sviluppando una capacità di resistenza e di adattamento assolutamente fuori dalla norma.

Quando, dopo circa dieci settimane, il viaggio terminò, il ragazzo, partito con quattro dollari, ne aveva in tasca otto, aveva percorso quasi duemila chilometri di fiume, e non aveva più bisogno delle stampelle per camminare.

Con la rinnovata fiducia in se stesso e nelle proprie capacità, l’ex bambino dislessico, daltonico e mezzo sordo, si iscrisse e si laureò alla Facoltà di Medicina, specializzandosi in Psichiatria.

Approfondì gli studi sulla sua esperienza personale e iniziò a praticare l’ipnoterapia, portando nella sua nuova professione come psicoterapeuta, la sua capacità di guarire se stesso per guarire i suoi pazienti.

E così, l’ex bambino dislessico, daltonico e mezzo sordo diventa il Milton Erickson che conosciamo noi, padre dell’ipnosi moderna e autore, inconsapevole, del linguaggio volutamente vago che porta il suo nome.

 

Che cos’è il Milton Model

Il lavoro di Milton Erickson è un tale successo che due giovani grintosi e affamati di successo quali sono Richard Bandler e John Grinder lo convincono a poter assistere alle sue sedute terapeutiche, trascrivendo e codificando in pattern il linguaggio utilizzato coi pazienti, che riferiscono di andare in uno stato di trance ipnotica semplicemente conversando con Milton Erickson.

Ed è proprio dal lavoro di codifica di Bandler e Grinder che viene fuori il Milton Model, il linguaggio volutamente vago utilizzato per trasferire all’interlocutore l’impressione di familiarità, creare rapport e sfruttare generalizzazioni, distorsioni e cancellazioni per persuadere e ipnotizzare.

Volendo dare una definizione di Milton Model possiamo dire che

il Milton Model è un modello linguistico “abilmente ed intenzionalmente vago”, che consente di accedere alle risorse interne e di entrare in uno stato di speciale focalizzazione.

Con il Milton Model il soggetto entra in uno stato alterato dell’attenzione, in cui la mente conscia è distratta, mentre quella inconscia è maggiormente concentrata sulle parole dell’interlocutore, che vengono interpretate come istruzioni per accedere a nuove risorse e creare nuovi comportamenti.

Tali istruzioni sono volutamente vaghe, in modo che la persona possa scavare in profondità fra le proprie risorse inconsce, favorendo l’immaginazione e la creatività.

Il Milton Model consente – a chi lo usa – di comunicare delle “cose” che sembrano specifiche e che invece sono abbastanza generiche da costituire un adeguato ricalco dell’esperienza di chi ascolta, qualunque essa sia.

In pratica: tu parli – magari a più persone – e chiunque ti ascolta si “sintonizza” con ciò che tu comunichi, sentendolo affine alla sua esperienza. Anche se usi termini “generici”, il tuo ascoltatore li renderà “specifici” aggiungendo i dettagli della sua esperienza: proprio attraverso questo passaggio in cui “ci mette del suo”, chi ti ascolta sentirà ciò che dici affine con la sua “mappa”.

 

I principali pattern del Milton Model

Vediamo ora alcuni dei principali schemi linguistici del Model Milton.

Lo farò aggiungendo delle frasi di esempio in modo che ti sarà tutto più chiaro e potrai applicarlo nelle tue conversazioni.

Ecco quindi un piccolo elenco (con esempi) dei principali pattern del Milton Model.

1) Le Presupposizioni

“La sedia sulla quale stai per sederti è molto comoda…”
Il presupposto è che la persona si sieda.

2) Cancellazioni semplici

“Abbiamo lavorato tanto per voi”
Manca il modo in cui hanno lavorato tanto.

3) Mancanza di indice referenziale

“Non mi sopportano”
Chi? Manca l’indice referenziale, cioè chi compie l’azione.

4) Verbi non specificati

“So che imparerai” oppure “So che sperimenterai”
Che cosa imparerai? Che cosa sperimenterai?

5) Nominalizzazioni

Ovvero le parole zainetto, che non hanno un corrispondente oggettivo, come per esempio, l’amore, la curiosità, l’esperienza. Ogni essere umano con quella stessa e identica parola intende concetti simili ma contemporaneamente diversi.

6) Lettura della mente

“So che questa cosa ti fa stare male..”
In realtà non è possibile leggere il pensiero e non è possibile sapere in anticipo come una persona possa reagire, è solo una distorsione.

7) Uso del NON

L’inconscio non processa il “non”. Deve quindi essere usato sapientemente per rafforzare quei concetti che in apparenza si vogliono negare.
“Non hai bisogno di quest’auto, ed è esattamente per questo che la vuoi” recita un famoso spot della Alfa Romeo.

8) Citazioni

Utilissime per conferire autorevolezza ma anche per deresponsabilizzare la propria comunicazione, facendo “dire” ad altri quello che in realtà intendiamo comunicare noi. Milton Erickson spesso inventava la storia di qualcuno che aveva proprio lo stesso problema del paziente, e riferiva delle soluzioni che aveva adottato per risolverlo, al fine di stimolare il processo creativo del paziente trattato.

9) Metafore e Storie

Le metafore sono perfette, tra i molteplici usi che hanno, per far riferimento a realtà future positive, in cui gli obiettivi e i desideri del nostro interlocutore si sono già realizzati. Stesso discorso vale per le storie, come quella che ti ho raccontato poco fa, Le storie sono ideali per insegnare al nostro inconscio che può superare ogni difficoltà, così come per favorire l’immaginazione e stimolare creatività e fantasia.

 

Come imparare il Milton Model (e non solo)

I pattern che ti ho elencato sono solo alcune delle forme linguistiche che vengono utilizzate nell’ipnosi e che la PNL ha poi codificato.

Ciò che è davvero interessante è il modo in cui possono essere usate all’interno di una normale conversazione.

Ti anticipo che non si tratta di un’impresa facile.

Utilizzare il Milton Model in una conversazione richiede competenza, impegno ed esperienza, oltre ad una formazione di primissimo livello dalla quale partire.

Quindi se vuoi iniziare a comunicare in maniera carismatica, ipnotica ed affascinante utilizzando il Milton Model ed altre potentissime tecniche di PNL, la scelta migliore che puoi fare è iscriverti al PNL Practitioner.

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